Idee Vincenti

Una rubrica a cura di Davide Boscacci


Ti è piaciuta questa edizione? Facci sapere cosa ne pensi!
Iscriviti alla nostra newsletter per non perderti le prossime uscite!

Nell’ultima edizione del Super Bowl a perdere sono gli spot

Ogni anno arriva quel giorno in cui il pubblicitario, in qualunque parte del mondo abiti, si sveglia eccitato e attacca a guardare gli spot del Super Bowl e torna a sperare in un mondo (professionale) migliore. Così, diligente e curioso, lunedì mattina alle otto ero già al mac per godermi tutto il suo classico repertorio (se lo volete fare anche voi, il link è qui con le review di Adweek che sono nettamente più interessanti delle mie). Roba forte, roba buona, roba meno buona, al solito. Poi però attacco Sky Tg24 e si parla (poco) della partita e (molto) di un brand che in quella lista lì non c’è. Perché non si è preso un 60’’ e nemmeno un 120. Si è semplicemente preso tutto l’half time.

Non oso immaginare quanto possa essere costato a Pepsi radunare il pantheon dell’hip hop degli ultimi 30 anni nel campo dei Los Angeles Rams. Annunciato da un teaser qualche settimana fa, lo showcase di una quindicina di minuti di Snoop Dogg, Dr Dre, Eminem, Kendrick Lamar, Mary J Blige e 50 Cent ha letteralmente fatto ballare lo stadio e l’audience a casa.

È l’operazione più opulenta e più vecchia del mondo. Sembra di tornare agli anni ottanta. Eppure, parafrasando una vecchia (e bellissima) campagna nostrana, improvvisamente è tutto il resto a sembrare più vecchio. Gli spot, anche i più belli, non reggono il confronto, sembrano loro quelli usciti malconci dalla prova del tempo. La portata di questa operazione è effettivamente fuori dal comune, l’engagement alle stelle, i social impazziscono e via dicendo.

È l’ennesima conferma che i brand oggi devono saper rientrare nella cultura di massa, mischiarsi con le tendenze, essere l’esperienza a cui le persone vogliono prender parte, diventare il contenuto che le persone vogliono vedere. E tutto questo Pepsi lo fa in grande stile, riprendendosi in un quarto d’ora buona parte della rilevanza che ha perso negli ultimi anni. Passata la sbronza da evento, torno alla mia lista di grandi spot e mi sforzo di superare quel retrogusto polveroso che mio malgrado si è infilato in bocca. L’unica campagna che davvero mi rimane in mente è quella di Accenture per Coinbase. Uno spot, sì, ma abbastanza anomalo: sessanta secondi di un QR code che vaga in giro per lo schermo, una promo, utenti che inquadrano e la piattaforma che crasha di lì a poco per il picco di traffico. E sono contento perché in fondo anche quest’anno il Super Bowl ha detto la sua.

Davide Boscacci

Consigliere UNA

Global Executive Creative Director Publicis

link 1 (Adweek)

https://adage.com/SuperBowl2022Reviews

link 2 (Pepsi)

Link 3 (Coinbase)