Il mercato che cambia
Una rubrica a cura del Centro Studi UNA
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Come stai… in smartworking?
La pandemia ci ha colti di sorpresa e ha radicalmente cambiato le nostre abitudini e il modo in cui lavoriamo, torneremo mai più alla vita e alla modalità di lavoro di prima?
Mckinsey dice di no, dopo aver condotto una ricerca che analizza 2000 attività e 800 occupazioni in 9 ci dice che non torneremo alle stesse modalità di prima: “è probabile che i modelli ibridi di lavoro a distanza persistano sulla scia della pandemia, soprattutto per una minoranza della forza lavoro altamente istruita e ben retribuita”.
Google per contro richiama tutti i dipendenti in ufficio non appena sarà possibile e lascia il lavoro da remoto come una possibilità molto limitata.
Di certo il virus ha infranto ogni barriera culturale e tecnologica che frenava l’adozione dello smart working.
Il nostro lavoro nello specifico aveva numerose difficoltà legate al fatto che la maggior parte delle attività svolte nelle nostre agenzie necessitano di processi collaborativi che spesso non coinvolgono solo il personale dell’agenzia ma si estendono a clienti, realtà produttive e numerosi altri player della filiera della comunicazione.
Tutti abbiamo imparato che quasi tutte le attività che riguardano la comunicazione possono essere svolte da remoto in momento di crisi, ma ci stiamo rendendo conto che molte di queste fatte in persona sono molto più efficaci e efficienti e a un anno di distanza dal primo lock down ci stiamo tutti interrogando su quale possa essere la formula migliore per il futuro.
Contemporaneamente sta emergendo un’evidenza che si fa sempre più strada: il benessere mentale dei lavoratori che stanno lavorando da remoto in maniera continuativa da molto tempo è a rischio.
Si studiavano gli effetti del lavoro da remoto sul benessere già prima che la pandemia lo rendesse imperativo. Ma quello che sta emergendo a distanza di un anno da questa repentina sterzata obbligata verso il lavoro da remoto è che se da un lato può aiutare molte persone a conciliare lavoro e vita privata, dall’altro ha un effetto che può essere molto accentuato sul benessere psicofisico dei lavoratori.
Questo effetto negativo si registra soprattutto nella fascia più giovane degli impiegati, mediamente sotto i 35 anni.
Dalle ricerche effettuate da numerose aziende di servizi presso i propri dipendenti, risulta che in questa fascia d’età lamentano malessere psicologico probabilmente dovuto all’isolamento che il lavoro da remoto provoca in persone con una struttura familiare meno presente.
Il modello ideale da adottare in futuro resta quindi un tema aperto, per il quale raccoglieremo alcune informazioni attraverso la nostra survey annuale sul mercato del lavoro. L’edizione 2021 relativa all’anno 2020 cercherà di indagare, tra le altre tematiche, quali sono le tendenze relative al lavoro da remoto che tanto ha cambiato la nostra vita nell’ultimo anno.
Marianna Ghirlanda
Presidente Centro Studi UNA
CEO di DLV BBDO