Il mercato che cambia

Una rubrica a cura del Centro Studi UNA


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Quando il Media è il Messaggio: una meta-analisi indaga (e conferma) gli effetti del Creative Media Advertising

Il mezzo è il messaggio: queste erano le parole iconiche che Marshall McLuhan usava nel 1964 per sottolineare l’importanza dei media nella comunicazione.

A quasi 60 anni di distanza e con possibilità moltiplicate in termini di mezzi, un nuovo studio sui creative media ads conferma la tesi, documenta l’efficacia e demistifica alcune assunzioni accademiche.

Con creative media advertising si intende quella pubblicità non convenzionale in cui un oggetto fisico di uso quotidiano, tipicamente non associato alla pubblicità, viene utilizzato per veicolare un messaggio pubblicitario: ne sono un esempio le serrande dei bar del pluripremiato “Shutter Ads” di Heineken o le docce da spiaggia di Sprite.

Un team di ricercatori dell’Università di Amsterdam ha condotto una meta-analisi su 26 studi sperimentali e 225 formati per quantificarne gli effetti.

L’analisi ha rivelato che il creative media advertising è estremamente efficace nel rafforzare le brand association e in termini di persuasione, misurata come atteggiamento verso l’annuncio, verso la marca, intenzione di acquisto e passaparola elettronico (eWOM). Entrambi questi effetti positivi risultano ulteriormente amplificati quando l’oggetto fisico è una buona metafora del messaggio che porta.

Inoltre, lo studio rivela come l’esposizione indiretta al messaggio, ad esempio tramite i social media o l’immagine stampata, aumenti la capacità delle persone di internalizzare le associazioni con il brand rispetto all’aver visto l’annuncio nella vita reale. E ciò accade non di rado dal momento che uno dei più grandi effetti persuasivi di questo tipo di pubblicità è quello di incoraggiare le persone alla condivisione online. Diversamente dalle aspettative e da alcune posizioni accademiche, invece, non sembra avere un ruolo la familiarità del marchio, dal momento che il meccanismo persuasivo correla unicamente con la sorpresa -che si ipotizza porti a un’attenzione extra per l’annuncio- e non con l’intento persuasivo percepito, ovvero con il fatto che ‘camuffando’ il media le barriere delle persone al messaggio pubblicitario in quanto tale sarebbero più basse.

In particolare dallo studio, si possono trarre sei conclusioni.

  1. Il creative media advertising è particolarmente efficace nel creare brand association più forti, in linea con la teoria della memoria associativa, e risulta quindi particolarmente utile in caso di lancio o riposizionamento
  2. Si tratta di una strategia particolarmente persuasiva, in termini di atteggiamento verso l’annuncio, atteggiamento verso il marchio, intenzione di acquisto e -soprattutto- eWOM,  per l’elevata condivisione digitale
  3. L’uso di metafore amplifica significativamente l’effetto positivo complessivo sia in termini di brand association che di persuasione ed è tanto maggiore quanto più immediatamente riconducibile al prodotto o al marchio, ribadendo ulteriormente l’importanza della congruenza simultanea tra media e messaggio.
  4. L’efficacia del creative media advertising non sembra dipendere dalla familiarità del marchio, risultando una risorsa anche per i new comers; in particolare non è verificata l’assunzione secondo cui la familiarità sia un asset per la comprensione e decodifica del messaggio
  5. L’esposizione indiretta all’annuncio, in grado di aumentarne significativamente la reach, è parimenti efficace in termini di persuasività e più efficace dell’esposizione diretta nel rafforzare le associazioni con la marca, potenzialmente per la minore presenza di elementi di distrazione che favorisce un’elaborazione più attenta.
  6. L’efficacia persuasiva ha un’evidente correlazione solo con la sorpresa -che si ipotizza porti a un’attenzione extra per l’annuncio- mentre non è provato il legame con l’intento persuasivo percepito, ovvero il fatto che ‘camuffando’ il media le barriere delle persone al messaggio pubblicitario in quanto tale sarebbero più basse.

Il potenziale difetto? I risultati analizzati dimostrano che le persone sono più propense a collegare i creative media ads alla categoria di prodotto piuttosto che al brand. Ciò può essere dovuto alla natura delle metafore utilizzate nella maggior parte delle campagne che generalmente collegano il mezzo al messaggio attraverso la categoria del prodotto piuttosto che il marchio.

Da un lato quindi mettere annunci su oggetti fisici che di solito non portano messaggi pubblicitari può essere particolarmente efficace all’interno del mix di campagna, specialmente in caso di (ri)posizionamento e brand building. Dall’altro, i due pilastri fondamentali alla base del successo di questa tipologia di advertising sono potenzialmente trasferibili ad altre forme: la sorpresa e la congruenza tra mezzo e messaggio, tipica delle metafore, sono secondo lo studio particolarmente efficaci nel catturare e sfruttare l’attenzione, compito sempre più arduo del nostro lavoro.

Per lo studio integrale: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00913367.2023.2186986

Centro Studi UNA