Il mercato che cambia
Una rubrica a cura del Centro Studi UNA
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Se è artificiale, allora ditelo
Per Generative Artificial Intelligence si intende un sistema di Intelligence Artificiale in grado di generare testo, immagini o altri tipi di contenuto multimediale partendo da istruzioni (prompt) ricevute. ChatGPT è solo l’applicazione più famosa. Ce ne sono decine di altre in diversi ambiti, magari con un grado di maturità appena inferiore rispetto a quello – già molto avanzato – della generazione di testi. Lo sviluppo di queste applicazioni e la loro diffusione velocissima stanno generando entusiasmo, da un lato, e preoccupazione, dall’altro.
La Generative AI invade il campo che tradizionalmente era proprio dell’ingegno e dell’inventiva umana, perché può sostituirsi a noi nel creare testi, saggi, immagini, video, arte. Questo è il motivo per cui può essere l’invenzione del secolo. Ed è anche il motivo per cui può presentare pericoli.
Da qui le reazioni di alcuni governi e istituzioni, che hanno iniziato a limitare utilizzi e sviluppi, chiedendo, se non altro, almeno di chiarire gli aspetti legati all’utilizzo di dati sensibili o all’accesso alle applicazioni da parte dei minori. L’Italia è stato tra i primi paesi a muoversi in questo senso, ma il nostro paese si è trovato presto in buona compagnia, non solo in Europa ma anche oltre oceano. I paesi occidentali sono spaventati in modo particolare dalla possibilità che questi sistemi diffondano informazioni false o non accurate. Le paure sono forti anche nei paesi a maggior controllo “centrale”, se è vero che che si sta muovendo anche il Partito Comunista Cinese, pronto a regolare tutti gli output dei sistemi di GenAI perché riflettano i valori socialisti e non vadano in alcun modo a minare l’integrità dello Stato. E qualche remora esiste anche nel campo del business, se è vero che Elon Musk e un gruppo di esperti in IA si sono spinti a scrivere una lettera aperta per chiedere 6 mesi di pausa negli sviluppi di queste tecnologie (lo stesso Musk ha però annunciato qualche settimana dopo la sua TruthGPT per sfidare Google e Microsoft sul terreno dei sistemi di Intelligenza Artificiale).
Nel campo del marketing, le applicazioni della Generative AI sono già molteplici, e stanno già rendendo ancora più efficaci i sistemi di gestione e ottimizzazione delle campagne sui media digitali. Fino a quel punto, solo buone notizie!
In genere, secondo i primi white paper pubblicati sul tema, le agenzie pubblicitarie non sembrano spaventate dalla Gen-AI, e tendono a vederla come un aiuto per automatizzare i task più ripetitivi, come la raccolta di informazioni, l’illustrazione delle idee, la validazione di alcuni concept. Un “sous chef, che aiuta il master chef”, lasciando a quest’ultimo modo di concentrarsi sulla strategia e sull’ideazione più “alta”. È possibile che questa visione positivista possa estendersi alle innovazioni appena annunciate da Google, che dichiara di essere pronta ad aiutare gli investitori sulle proprie piattaforme pubblicitarie a generare testi e immagini con l’Intelligenza Artificiale.
D’altra parte, il discorso dell’impatto dei sistemi di AI sulla redazione di copy creativo o addirittura sulla generazione di immagini e video presenta criticità non da poco. Pone sicuramente problemi di copyright e rischia di minare il rapporto tipico tra agenzie e aziende clienti, dove queste ultime si vedono legalmente autorizzate a disporre di diritti intellettuali e di utilizzo di tutto quanto viene creato per loro nell’ambito del rapporto di consulenza. Cosa cambierà quando le creazioni arriveranno (anche) da una Gen-AI, che avrà magari combinato degli elementi di base, con una loro propria proprietà intellettuale? Come verranno gestiti i diritti di utilizzo e di riproduzione di queste creazioni?
Il tema diventa ancora più complesso, se pensiamo ad una Intelligenza Artificiale che genera prodotti, packaging o altro, che finiscono direttamente sugli scaffali dei negozi!
Come porsi nella comunicazione ai consumatori, quando si arriva a proporre loro qualcosa dove l’Intelligenza Artificiale ha avuto un ruolo? Una ricerca americana ha provato a rispondere alla domanda, creando un importante punto di riferimento per quelli che potrebbero essere gli approcci migliori al prossimo futuro.
La prima evidenza è quella che era lecito aspettarsi: c’è grande interesse e curiosità intorno al fenomeno AI. E questa curiosità accomuna più o meno metà dei rispondenti all’indagine, in tutte le fasce d’età. L’atteggiamento è generalmente positivo rispetto all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in specifiche applicazioni: per il 59% è corretto utilizzare l’AI per creare annunci pubblicitari e contenuti e per il 61% è giusta l’idea di usarla per sviluppare prodotti e servizi.
Il dato importante è però quello della richiesta di trasparenza: il 78% ritiene che i brand debbano comunicare apertamente tutti i casi in cui un prodotto o un servizio è stato generato grazie all’AI. La trasparenza deve accompagnarsi a un uso responsabile: il 77% del campione pensa che le aziende debbano accertarsi che l’Intelligenza Artificiale non propaghi pregiudizi o ineguaglianza.
In conclusione, il report – realizzato nel mese di marzo da dentsu USA – raccomanda l’adozione da parte delle aziende di specifiche strategie di PR volte a comunicare il proprio ”AI-approach”: con tutte le tematiche coinvolte da questa tecnologia (non dimentichiamo anche i potenziali impatti sulla forza lavoro: preoccupazione n° 1 tra quelle espresse dagli intervistati americani), comunicare in modo aperto, completo e trasparente sembra in assoluto la strada migliore.
Forse non sarà un disclaimer obbligatorio a risolvere tutto, ma identificare come “create con Intelligenza Artificiale” tutte le realizzazioni dei sistemi di Gen-AI potrebbe essere la strada per mettersi al riparo da molti rischi, anche di diffusione di bufale e fake news.
Centro Studi UNA