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Le parole chiave rimangono smart working e sicurezza per i dipendenti. A pagarne le conseguenze più amare le madri.
Siamo ancora in piena emergenza sanitaria ma dal 4 maggio alcuni business hanno riaperto le porte delle loro aziende. Come sta affrontando la ripartenza il settore della comunicazione? UNA – Aziende della Comunicazione Unite – ha condotto una ricerca attraverso il suo Centro Studi per analizzare come le agenzie associate stiano affrontando questa nuova fase. Tra i rispondenti, i rappresentanti di tutte le anime di UNA - in particolare realtà operanti in ambito pubblicitario, PR e comunicazione integrata, eventi, branding, retail, loyalty e digital.
Il settore si dimostra generalmente cauto verso le riaperture. Se durante la fase 1 quasi la stragrande maggioranza delle agenzie ha chiuso completamente i propri uffici (88%), c’è ancora qualche incertezza sul rientro: il 29% dei rispondenti considera di tornare alle proprie scrivanie già nella prima metà di maggio, mentre la stessa percentuale guarda alla seconda metà del mese, infine un quarto del campione (25%) dichiara di non aver ancora deciso al riguardo.
Diverse le policy che le aziende stanno pensando di mettere in atto per la prevenzione dei loro lavoratori. Oltre alla dotazione di dispositivi di sicurezza e igienizzanti e alla sanificazione degli ambienti, la prima misura a cui ricorreranno i player della comunicazione è il distanziamento delle postazioni di lavoro (88%) e alla limitazione degli accessi per fornitori e partner (82%), preferita alla creazione di turni in entrata e uscita (56%) e alla eliminazione di trasferte di lavoro (56%).
Tra le grandi certezze di questa emergenza coronavirus c’è sicuramente lo smart working. Ben il 50% non lo sospenderà e un restante 47% prevede solo di diminuirlo in parte. Nonostante la possibilità di lavorare da casa la problematica maggiore in questa fase è quella della conciliazione lavoro-famiglia, in particolare nella gestione dei figli data la non riapertura delle scuole. La questione della genitorialità è, infatti, il tema più critico per le associate di UNA (79%), seguito dalla sicurezza dei dipendenti nel tragitto casa-lavoro (53%) o in ufficio (44%). Il mantenimento dello smart working viene inteso proprio per far fronte a queste due voci oltre che per non creare assembramenti nei luoghi di lavoro.
A pagarne maggiormente le conseguenze è il pubblico femminile. Il 62% del campione sostiene che la gestione dei figli in questa situazione emergenziale ricade sulle madri, solo il 38% su entrambi i genitori. Ne risulta che ben il 76% è convinto che le donne con figli in età scolare possano essere penalizzate in ambito lavorativo in questo preciso momento storico.
“I dati delineano uno scenario ben preciso. Le società di servizio continuano a prediligere il lavoro agile per tutelare la sicurezza dei propri dipendenti e della popolazione intera, segno di maturità e responsabilità civica. È evidente che bisogna guardare con estrema attenzione alla condizione femminile per evitare discriminazioni o penalizzazioni. La possibilità di analizzare il mercato in maniera puntuale attraverso la rappresentanza della nostra industry ci consente di avere un percepito reale e in tempo reale e, al contempo, prevedere proposte o misure correttive” afferma Marianna Ghirlanda, Responsabile Centro Studi UNA. “Voglio pensare che questa emergenza abbia fatto comprendere l’utilità di lavorare in modo diverso e spero che da questo si riesca a mettere a frutto gli aspetti positivi e non discriminatori verso il mondo femminile. Ovvero auspico che si presti attenzione a una maggiore conciliazione tra i ruoli delle donne e si enfatizzi il ruolo della genitorialità e non solo quello della maternità” conclude Ghirlanda.
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