SOCIAL MEDIA: UN GIANO BIFRONTE

B2B vs B2C

Giano, il dio degli inizi – materiali e immateriali

Giano, il dio degli inizi, delle porte e dei passaggi. Quello che può guardare contemporaneamente al futuro e al passato….. non mi è venuta in mente un’immagine migliore per iniziare una riflessione sull’uso dei social nel settore della comunicazione in cui opera il nostro Hub, il B2B.

Siamo abituati a sentirci dire dai nostri clienti, le PMI italiane cui proponiamo l’impiego dei social media nella strategia di comunicazione, che lo strumento non è per le aziende, che funziona solo a livello di consumatori.

Eppure noi sappiamo che non è così: sappiamo che l’utilizzo dei social media nel B2B è guidato dalle persone, non dalla tecnologia, e che la creazione di una cultura del coinvolgimento e della partecipazione degli utenti richiede una strategia di ascolto sistematica e guidata dal cliente, con una chiara selezione aziendale tanto degli obiettivi quanto della piattaforma social da utilizzare.

Quindi diciamolo chiaro e senza tentennamenti: i social media servono nel B2B per creare business in termini di relazioni, costruzione di rapporti di fiducia con gli acquirenti e raggiungimento di obiettivi di vendita prefissati.

La ricerca che abbiamo portato avanti per l’Hub B2B è partita mettendo sul tavolo della discussione il fatto che oggi con social media non si intendono più solo i pur importanti social network, ma anche i blog, le comunità di contenuti che attraverso siti web trattano specifici argomenti, i forum e le bacheche organizzati intorno a interessi speciali e gli aggregatori di contenuti, cioè quelle applicazioni che consentono agli utenti di personalizzare completamente un contenuto web.

Su Talkwalker del 4 febbraio 2020 c’era un’analisi interessante, che metteva a confronto le piattaforme di social network leaders nel mondo, confrontandone le performance sia in campo B2B sia in campo B2C. Facebook è ancora il leader del B2B con un’incidenza pari al 65%. Linkedin si posiziona al 47%, “battuto” anche da Instagram. Ma ancora più interessante è l’analisi dell’uso da parate dei content marketer (cioè coloro che creano contenuti di valore) degli stessi social, sintetizzato in questa tabella:

Perché i content marketer utilizzano le piattaforme di social network?  Ce lo dice una ricerca del 2019, pubblicata su www.emarketer.com. Lo fanno soprattutto per incrementare le vendite (29%), costruire relazioni con nuovi clienti (19%) e incrementare la brand awareness (18%). E i clienti rispondono bene all’input, dato che la stessa fonte dichiara che il 90% degli acquirenti replicano muovendosi attraverso il funnel dell’acquisto o quanto meno usando internet per informarsi prima di acquistare (89%).

Ulteriore e specifica conferma viene dallo studio pubblicato dal Content Marketing Institute da cui si evince come “il mondo internet” sommato nei suoi diversi canali venga utilizzato sia per costruire brand awareness sia per gestire i leads nelle varie fasi, pur se come si vede nel grafico, il ruolo degli eventi fisici in epoca pre-covid fosse ancora molto significativo.

Torniamo alla questione iniziale: le PMI con cui lavoriamo hanno capito l’importanza di questa evoluzione della comunicazione e la stanno cavalcando oppure solo le grandi imprese sono arrivate a padroneggiare i nuovi sistemi? Sorpresa, sempre registrata dallo stesso Studio: sono proprio le piccole imprese (quelle tra i 10 e i 99 addetti) ad avere costruito in azienda la figura del content marketer, spesso coincidente con quella del marketing manager. Ce l’hanno nel 31% dei casi, contro il 22% delle grandi, quelle con più di 1.000 addetti.

I canali utilizzati per rilanciare i contenuti sono i social network, i siti internet, i blog aziendali e le campagne e-mail: cioè esattamente quello che suggeriamo ai nostri clienti per allargare il loro orizzonte comunicativo. Come dunque far loro percorrere l’ultimo miglio e convincerli della validità dell’uso dei social media nel B2B – considerati in maniera estensiva – per fare una comunicazione che serva nella loro relazione con gli acquirenti?

Le best practice su cui costruire lo storytelling sono molte. Le abbiamo selezionate prendendo in considerazione quanto fatto in grandi multinazionali, considerando che sia più vincente partire dal sogno per calarlo in una realtà a misura economica e organizzativa minore.

Partiamo dalle industries che maggiormente utilizzano il content marketing, sempre secondo il Content Marketing Benchmark of the Content Marketing Institute (2020)? Sono le aziende che operano nel campo delle Tecnologie (27%). Seguiamo noi, società di comunicazione (19%). Al terzo posto le aziende manifatturiere (11%), spesso appunto nostri clienti. E infatti una delle più belle storie da raccontare in termini di best practice è quella di IBM, che già nel 2017 ha lanciato Lotus Connection (oggi IBM SmartCloud for Social Business), un pacchetto social con 5 applicazioni di social networking mirate a creare integrazione aziendale tramite una soluzione collaborativa che includeva blog e profili comuni. Che impiega quotidianamente Twitter per post specifici con link al proprio sito e al proprio blog e punta alle persone per creare coinvolgimento, utilizzando le storie dei suoi dipendenti che comunicano attraverso il loro profilo su LinkedIn e sugli altri social il loro quotidiano, “umanizzando” la tecnologia e affrontando i grandi temi del sociale, come le difficilissime riflessioni sul razzismo portate avanti con forza dal personale di colore di IBM su Instagram e sulle storie postate.

Un altro esempio vincente è quello di SLACK, una piattaforma di comunicazione integrata per i team diventata recentemente un nuovo strumento di social media marketing. 81 delle Fortune 100 usano Slack.: tra gli altri ci sono anche eBay, Conde Nast, Airbnb, Pinterest, Time, LinkedIn. Perché? Perché consente di lavorare avendo tutte le comunicazioni su un argomento automaticamente archiviate in un unico posto ed è collegabile con altri strumenti e piattaforme inviando post sui social network attraverso la sua dashboard, oppure utilizzando nel medesimo modo aggregatori di notizie e ampliando così ulteriormente il sentimento di community e i contenuti condivisi. Al di là del funzionamento specifico a noi qui interessa vedere come SLACK comunica con le aziende, suo target primario: è infatti questo il primo caso di relazione B2B. Sul suo sito web si pone come «problem solver» nelle diverse aree aziendali in cui l’App può lavorare. Utilizza visual interessanti (emoji, hashtags) e impiega un tono conversazionale ad ellissi per mantere iI peack. Utilizza i contenuti creati dai Clienti per creare WOM attraverso Twitter e i blog con interventi allargati, che passano dal Volontariato alle ricette di cucina per attivare l’interesse.

Terminiamo con un esempio di creazione di prossimità con i buyer realizzato con campagne engaging che condividono storie sia positive che negative L’esempio più eclatante di crisis management attraverso i social è stato lo scontro tra una nave MAERSK e una balena di 12 metri di lunghezza, avvenuto nel 2012. La compagnia di navigazione è First mover. E’ leader nell’umanizzazione del marchio attraverso i social, che usa dal 2011 e che acquisiscono un ruolo chiave nel marketing mix. Impiega 10 piattaforme, per 10 audience e 10 obiettivi: usa per esempio LinkedIn per condividere storie di esperti della distribuzione e Facebook per avvicinarsi localmente al cliente, allineandosi ai mercati locali. E nel momento della comunicazione dello scontro fra una sua nave e la balena, nel quale ha dovuto affrontare animalisti, opinione pubblica, tecnici e stakeholder vari ha saputo impiegarli tutti non per negare la realtà, ma per dimostrare senza pudori quanto fatto minuto per minuto per risolverla e gestirla: cosa apprezzata dai suoi follower, anche se si trovava a dover essere testimone di una negatività (i profili di Maersk sono seguiti da oltre 3 milioni di utenti).

Quelle evidenziate in questo articolo sono solo pillole di una ricerca presente negli archivi del nostro Hub al completo, con tutta la bibliografia che la sottende e con le foto e i video delle campagne cui fa riferimento. Spero di esser riuscita a far passare quel messaggio che per noi società di comunicazione specializzate nel campo dei rapporti business è fondamentale: Evans nel 2013 scriveva su Brand Voice, lo spazio digitale di Forbes dedicato alle aziende, che la «trappola» della comunicazione B2B sui social è che spesso B2B significa «Boring-to-Boring» …. Ecco, non è e non deve essere così. L’esperienza delle aziende si deve unire alla nostra capacità di comunicatori per trovare il lato umano della tecnologia. Anche se il cuore del social selling è il Content Marketing, i social media non devono essere concepiti e utilizzati solo come canali per distribuire contenuti e informazioni. Le case histories che abbiamo analizzato e qui sintetizzato scegliendone solo 3 dimostrano che il Content Marketing è stato usato per costruire una relazione virtuosa con il cliente, che si sviluppa dalla fidelizzazione alla vendita.

Oggi siamo alle  prese con un Giano bifronte: il dio degli inizi, delle porte e dei passaggi. Gli inizi fanno parte del passato: nostro e dei nostri clienti. Stiamo proponendo il passaggio: le aziende lo hanno capito, aiutiamole a valicare quella porta.

Elena Salvaneschi
CEO SAE Comunicazione
UNA B2B Hub

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